Le bacche di questo mitologico arbusto non si utilizzano solo per il celebre liquore sardo, ma anche in numerose ricette: dal porceddu agli arrosti, dalle olive alle mozzarelle. Riscoprendo quello che, fino al XVI secolo, era il suo ruolo nella nostra cucina, prima dell'avvento della spezia orientale
Non solo liquore, non solo Sardegna. Tra le spezie che meriterebbero una riscoperta, in cucina, figura sicuramente il mirto. Con il suo sapore forte e ricco, era uno dei condimenti principali utilizzati ai tempi dell'Antica Roma, prima che l'arrivo del pepe lo mettesse decisamente in secondo piano. Eppure le virtù della bacca di mirto sono davvero tante.
Trionfo e caduta del mirto
L'arrivo del pepe, costosissima spezia orientale giunta per la prima volta in Europa con Alessandro Magno, confinò il mirto alla cucina popolare fino al XVI secolo, periodo in cui l'arrivo del peperoncino dalle Americhe e la diminuzione del prezzo del pepe ne determineranno l'oblio. Sopravvivendo però nella cucina italiana, e in particolare in quella sarda. Famosissimo, ad esempio, il liquore a base di mirto: una bevanda probabilmente conosciuta già in epoca romana (il "vino di mirto" di cui parla Catone il Vecchio), che però cominciò ad affermasi nella formula che conosciamo solo nell'Ottocento, nella cucina popolare ed esclusivamente per uso casalingo. Il successo commerciale al di fuori dell'isola arriverà invece solo negli anni '70. Il liquore di mirto, in realtà comprende due prodotti diversi: quello rosso, ricavato dalla macerazione delle bacche nell'alcol; e quello bianco se invece si utilizzano foglie e germogli.
Idee dalla Sardegna
Ma abbandoniamo il liquore e torniamo alle nostre bacche di mirto. Nella cucina sarda e corsa vengono utilizzate per dare ancora più sapore al celebre porceddu (o porcetto), arrostito utilizzando un misto di ginepro, mirto, alloro e legno d'ulivo, e servito su rami di mirto. Ma le bacche compaiono anche in arrosti e selvaggina in generale. Dal mirto si ottiene anche una deliziosa marmellata, perfetta per delle crostate dal gusto forte. Mentre, in materia di dolci, il liquore di mirto si può abbinare ai gueffus, i tipici bocconcini di pasta di mandorle passati nello zucchero diffusi, sotto diversi nomi, in alcune aree della Sardegna. Oppure per arricchire il gusto di golosi gelati alla frutta. Con i crostacei, il mirto rientra nella ricetta del gambero rosso all'algherese. Altro utilizzo molto comune nell'isola è il pollo, fagiano o quaglia alla griva, spesso legati insieme, bolliti e lasciati riposare per un giorno intero sotto un letto di foglie e bacche di mirto.
Il mirto in Campania e in Puglia
Fuori dalla Sardegna, in Campania i rami di mirto vengono utilizzati per la produzione della mortedda (o “mozzarella co'a mortedda”), sorta di mozzarella ottenuta da latte di mucche di razza podolica che i pastori del Cilento “confezionavano” nei ramoscelli di mirto e legavano con la ginestra, in modo da trasportarla più agevolmente. In Puglia, l'utilizzo in cucina del mirto si concentra principalmente in Salento e a Taranto, dove viene utilizzato per accompagnare la carne alla brace al posto del pepe, come avveniva in epoca romana; mentre i fiori arricchiscono a volte le macedonie. Assieme al finocchio selvatico, poi, le bacche di mirto vengono utilizzate per la preparazione in salamoia delle olive nere all'acqua. Più in generale, il mirto si può utilizzare in ricette come la gallina al mirto, il coniglio con aglio e mirto, le quaglie al mirto, il carrè d'agnello al mirto e l'agnello al mirto e purè di fave.
Lascia un commento